San Benedetto

Nel VI secolo, Benedetto di Nursia, che proveniva da una famiglia nobile, abbandonò il mondo per dedicarsi a Dio adottando la vita di eremita e asceta. Fondò comunità di monaci e creò una regola di vita monastica che ebbe un grande impatto in tutto l’Occidente medievale, e che diverse comunità di monaci e monache seguono ancora oggi.


Regola di san Benedetto, cap. 49

Capitolo XLIX – La quaresima dei monaci
Anche se è vero che la vita del monaco deve avere sempre un carattere quaresimale, visto che questa virtù è soltanto di pochi, insistiamo particolarmente perché almeno durante la Quaresima ognuno vigili con gran fervore sulla purezza della propria vita, profittando di quei santi giorni per cancellare tutte le negligenze degli altri periodi dell’anno. E questo si realizza degnamente, astenendosi da ogni peccato e dedicandosi con impegno alla preghiera accompagnata da lacrime di pentimento, allo studio della parola di Dio, alla compunzione del cuore e al digiuno. Perciò durante la Quaresima aggiungiamo un supplemento al dovere ordinario del nostro servizio, come, per es., preghiere particolari, astinenza nel mangiare o nel bere, in modo che ognuno di noi possa di propria iniziativa offrire a Dio “con la gioia dello Spirito Santo” qualche cosa di più di quanto deve già per la sua professione monastica; si privi cioè di un po’ di cibo, di vino o di sonno, mortifichi la propria inclinazione alle chiacchiere e allo scherzo e attenda la santa Pasqua con l’animo fremente di gioioso desiderio.
Ma anche ciò che ciascuno vuole offrire personalmente a Dio dev’essere prima sottoposto umilmente all’abate e poi compiuto con la sua benedizione e approvazione, perché tutto quello che si fa senza il permesso dell’abate sarà considerato come presunzione e vanità, anziché come merito. Perciò si deve far tutto con l’autorizzazione dell’abate.

Regola di san Benedetto, cap. 73.

“Abbiamo abbozzato questa Regola con l’intenzione che, mediante la sua osservanza nei nostri monasteri, riusciamo almeno a dar prova di possedere una certa rettitudine di costumi e di essere ai primordi della vita monastica.Del resto, chi aspira alla pienezza di quella vita dispone degli insegnamenti dei santi Padri, il cui adempimento conduce all’apice della perfezione. C’è infatti una pagina, anzi una parola, dell’antico o del nuovo Testamento, che non costituisca una norma esattissima per la vita umana? O esiste un’opera dei padri della Chiesa che non mostri chiaramente la via più rapida e diretta per raggiungere l’unione con il nostro Creatore? E le Conferenze, le Istituzioni e le Vite dei Padri, come anche la Regola del nostro santo padre Basilio, che altro sono per i monaci fervorosi e obbedienti se non mezzi per praticare la virtù? Ma per noi, svogliati, inosservanti e negligenti, ciò è motivo di vergogna e di confusione. Chiunque tu sia, dunque, che con sollecitudine e ardore ti dirigi verso la patria celeste, metti in pratica con l’aiuto di Cristo questa modestissima Regola, abbozzata come una semplice introduzione, e con la grazia di Dio giungerai finalmente a quelle più alte cime di scienza e di virtù, di cui abbiamo parlato sopra. Amen.” (RB cap. 73)

Il carisma metildiano è innestato sulla Regola benedettina, che permette alle monache di viverlo in tutte le sue espressioni.

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